Noi sian, donne, Canto carnascialesco di autore anonimo su testo di Lorenzo di Filippo Strozzi,

dal Codice Basevi Ms. 2440 della Biblioteca del Conservatorio “Luigi Cherubini” di Firenze.

Noi siam 0 originaleLa musica riveste un testo in forma di ballata piccola tutta in endecasillabi piani.

Tipica trasposizione in ambiente colto di quella composizione semplice e quasi rozza che accompagnava i carri al tempo del Magnifico, questa musica presenta un contrappunto quasi interamente omoritmico, con la chiusa in ritmo ternario, elemento vivivacizzante inteso a ricreare, almeno in parte, quello che doveva essere l’originario tono scanzonato, che il canto ha in una certa misura perduto nella sua veste polifonica.

N.B.: per quanto attiene ai criteri seguiti nella trascrizione e nella realizzazione della partitura si rimanda alla pagina “La musica fiorentina fra la fine del ’400 e l’inizio del ’500“.

Noi sian, donne

Noi sian, donne

Noi sian, donne (Lorenzo di Filippo Strozzi)

Noi sian, donne, Maestre di Cardoni,

che ne’ nostri ortj si fan grossi et buonj.

 

Se ’l far, donne, questa arte vi dilecta,

Benché vadi oggidì la cosa strecta,

Hora daren questa nostra ricepta,

ché non habbian da farvj maggior donj.

 

Il modo a culturar un cotal fructo,

è gitar forte il seme per l’asciutto,

ché quando e’ piove o il seme va mal tutto

[o] produce scrignuti et stran cardonj.

 

Bisogna prima d’intorno sarchiarlo,

pigliar le foglie in man et poi legarlo,

coprirlo et ritto ritto sotterrarlo;

(ecci qualcun che lo pianta bocconi!).

 

Vuol esser il cardon di tal misura,

un palmo o poco più, ché la nattura

smaltir non può sì gran cosa et sì dura,

benché a noi piaccian sempre e’ gran bocconj.

 

Quando si coglie, grosso a conpimento

fate che sia perché non picciol drento

sugo non è et si mangiono a stento,

et sono sciochi assai più che mellonj.

 

Ecci qualche golosa che cel toglie

di mano, [et] nonché il gambo insin le foglie

si mangia, tanto è ingorda alle suo voglie,

Benché ghiotti ne sono anche i garçonj.

 

Tanto è mangiar il cardon senza sale,

quanto far col marito il carnovale,

ché ‘l sugo per sé stesso tanto vale,

quanto alle non genti[li] gli stazonj.

 

Usansi inanzi pasto o vuo’ di drieto,

Benché talor dinanzi habbian divieto.

Ma inanzi et dopo gli usa l’huom discreto,

Secondo e’ tenpi et sempre mai son buonj.

Carlo Deri, 1985