RossiniIl Barbiere di Siviglia, Opera in due atti su libretto di Cesare Sterbini fu composta per il Teatro Argentina di Roma da un Rossini appena ventiquattrenne – nel 1816 – in tempi ristrettissimi: stando alle dichiarazioni dell’autore sarebbero bastati 12 o 13 giorni addirittura; anche se probabilmente il tutto si è svolto in un arco di tre settimane circa, la velocità di Rossini nel comporre rimane comunque ancora un fatto sconcertante (si consideri la mole della partitura: circa 600 pagine) anche se si inquadra nell’ottica del “mestiere” del compositore d’inizio Ottocento. Gli impresari – che controllavano l’attività dei teatri d’opera nelle varie città d’Italia – dovevano assolvere al compito di soddisfare un pubblico che sembrava pensare il Teatro soltanto in relazione all’opera lirica; così tenevano sotto contratto un librettista e un compositore che erano tenuti a produrre lavori nuovi praticamente senza interruzione. Un grave problema era rappresentato dalla scelta del soggetto, ma non tanto per motivi eminentemente artistici, quanto per la necessità di non scontentare il pubblico con argomenti troppo “audaci” e soprattutto per non urtare l’incombente presenza della censura. Così gli impresari erano alla continua ricerca di lavori che riuscissero immediatamente graditi sia all’utenza che alle autorità e talvolta accadeva che a poco tempo dal debutto qualcosa non funzionasse e si dovesse ricorrere ad un altro musicista e ad un altro lavoro.

Nonostante la perizia del compositore e la scelta di una storia ormai collaudata (il soggetto di Beaumarchais era già stato messo in musica più volte: Benda, Lipsia 1776; Paisiello, Pietroburgo 1782; Isouard, Malta 1796; inoltre il personaggio di Figaro era stato trattato anche da Mozart, Vienna 1786) Il Barbiere di Siviglia alla prima esecuzione registrò un fiasco clamoroso. I motivi non sono mai stati compresi fino in fondo; secondo le dicerie ci sarebbe stata una contestazione ben orchestrata dai sostenitori di Paisiello, ma questa non pare ormai un’ipotesi accettabile: la riutilizzazione di un soggetto di successo era pratica comune e non poteva costituire motivo di scandalo; anche i cantanti, al debutto dell’opera, erano artisti di prima scelta: Geltrude Righetti Giorgi nella parte di Rosina e il grande Manuel Garcia in quella del Conte. L’enorme successo del lavoro – che perdura tutt’oggi – cominciò quindi solo a partire dalle prime repliche.

La Sinfonia originale è andata perduta; si sa soltanto che era stata composta inglobando temi popolari spagnoli, più che altro per giustificare l’impiego di certe melodie che Garcia avrebbe inserito nel primo atto dell’opera al posto della  celebre Canzone Se il mio nome saper voi bramate. Fin dalle prime repliche Rossini l’ha sostituita con quella scritta nel 1813 per l’Aureliano in Palmira (che fra l’altro era già stata riutilizzata, sebbene con modifiche strumentali, anche nell’Elisabetta Regina d’Inghilterra del 1815).

Se ormai le discussioni di ordine filologico sull’annosa questione riguardo a quella che può dirsi la “vera” Sinfonia del Barbiere di Siviglia possono dirsi spente, non altrettanto può dirsi per la strumentazione. L’esecuzione di questa partitura spesso si intreccia con tradizioni e revisioni che modificano lo strumentale indicato da Rossini. Per esempio è uso tagliare la parte dell’ottavino che l’autore spesso associa alla sezione dei violini primi, anche quando questi sono del tutto “scoperti”, mentre, al contrario vengono spesso inseriti i piatti, che non figurano in partitura, usati peraltro in modo totalmente diverso a seconda del direttore: alcune volte sui tempi forti, altre su quelli deboli, o in controtempo (Molajoli – Orchestra della Scala, 1929 – li usa una volta sola in tutto il pezzo: a “chiudere” la corona sull’ultimo accordo!). Queste licenze, comunque, non si riscontrano solo nelle cosiddette interpretazioni “storiche”, ma sopravvivono ancora oggi.

Talvolta le modifiche si spingono alla melodia: Toscanini – Orchestra NBC, 1945 – nonostante sia fra i pochi a non introdurre i piatti, modifica il secondo inciso del Primo Tema.

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originale (come in partitura)                                                               Toscanini 1945 NBC

(Vale la pena di segnalare che lo stesso Arturo Toscanini, in un’interpretazione precedente realizzata con la New York Philharmonic Orchestra – incisione discografica Victor 78rpm disc 7255,  21 Novembre 1929 – si attiene alla versione originale  Toscanini, 1929 New York Philarmonic Orchestra).

La struttura della Sinfonia del Barbiere di Siviglia – caratteristica di quasi tutte le sinfonie rossiniane – ricalca sostanzialmente il modello della Forma-Sonata (preceduta da Introduzione lenta e seguita da una Coda a mo’ di Stretta Finale), ma con qualche modifica rispetto allo schema sonatistico di base: la Prima Parte (l’Esposizione) non è né ritornellata, né riscritta con strumentazione diversa (come spesso i compositori classici facevano nella forma del Concerto) e, in più, è totalmente assente la seconda parte (lo Sviluppo).

Anche l’impianto tonale è di derivazione classica: il pezzo è in MIminore (Secondo Tema al relativo: in SOLmaggiore), ma l’Introduzione si presenta al maggiore del Tono d’impianto, cioè in MImaggiore. Nella ripresa, per non stravolgerne il carattere, il Secondo Tema non viene dato nella tonalità d’impianto di MIminore, ma (in partitura s’incontra il cambiamento dell’armatura in chiave) al maggiore del tono, in MImaggiore, quindi; il modo maggiore passa di conseguenza alle strutture successive (il Gruppo delle Cadenze e la Coda) e il brano termina così nello stesso modo dell’inizio.

L’Introduzione (24 battute, 4 frasi) è caratterizzata da alcuni elementi musicali contrastanti: alcuni ben marcati ritmicamente, spesso affidati agli archi;

[N.B.: negli esempi (per le strutture complesse si riportano solo le prime note) quando è impegnata l’intera orchestra si adotta una riduzione pianistica]

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altri molto delicati e con melodie di ampio respiro.

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La quarta Frase, dalla battuta 17, ripropone l’atteggiamento melodico a biscrome ribattute già presente nella prima.

A battuta 25 comincia l’Allegro vivace con l’esposizione del Primo Tema che consta di due frasi, la prima ternaria (fino a battuta 38), la seconda binaria (battute 39-48).

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A battuta 48 comincia – unito per elisione al Primo Tema – il Ponte modulante, con un’orchestrazione molto più ricca che gli conferisce una venatura di drammaticità, cui contribuisce anche l’impiego di qualche accordo di settima diminuita, che per la sua fisionomia “polivalente” dal punto di vista tonale, ancora per molti decenni sarà spesso utilizzato dai compositori con questo scopo.

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Questa struttura è costituita da 4 Frasi binarie (inizio a battute 48, 56, 64, 72) e presenta connessioni melodiche con il Primo Tema (vedasi anche sopra nelle battute 50-52).

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La quarta Frase, estesa nella seconda Semifrase grazie alla presenza di frequenti ridizioni (qui sotto si riporta quella delle battute 76-78)

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si connette con l’elemento suturale (trilli agli archi da battuta 87) che porta al Secondo Tema, in SOLmaggiore – di carattere molto melodico – affidato sostanzialmente ai fiati: 2 Frasi ternarie, la prima da battuta 92 con l’oboe, la seconda, da battuta 104 con il corno.

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La struttura armonica è semplicissima (d’altra parte in tutto il pezzo non si incontrano particolari “preziosismi” sotto questo punto di vista) ed è tutta giocata sugli accordi Tonica e di Dominante, con una citazione della Sottodominante.

Alla battuta 115 comincia il Gruppo delle Cadenze ed è qui che si incontra per la prima volta quell’atteggiamento espressivo conosciuto sotto la definizione di Crescendo Rossiniano, che nell’arco di 24 battute dal pianissimo iniziale conduce senza cedimenti al fortissimo di battuta 139. La struttura di questo artificio dinamico è caratteristica: si parte da un impercettibile pianissimo e riducendo al minimo lo spessore armonico (praticamente ci si limita ad oscillare fra Tonica e Dominante) e proponendo al contempo frequenti ripetizioni di brevi melodie, si aumentano progressivamente i gruppi orchestrali in un crescendo inarrestabile, fino all’esplosione del fortissimo, sottolineata dall’impiego di percussioni (è qui che molti direttori inseriscono i piatti, insieme alla grancassa prescritta da Rossini).

Bisogna dire che non è stato Rossini ad impiegare per la prima volta questa formula, che pure è legata al suo nome; in effetti il procedimento è riscontrabile già precedentemente in opere di altri compositori, per esempio nell’Ouverture della Lodoïska di Simone Mayr (1796).

Il Gruppo delle cadenze (o Codette), compreso fra le battute 115 e 150 si trova qui articolato in 5 elementi variamente ripetuti

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Anche la Cadenza 5 viene ripetuta (2 ripetizioni).

Il pezzo, che finora è stato condotto secondo lo schema della Forma-Sonata classica, non presenta la parte di Sviluppo, come spesso accade nelle sinfonie d’opera. In luogo di questo – in un’atmosfera improvvisamente calmata – viene inserito un semplice collegamento modulante alla tonalità d’imposto (battuta 150)

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che porta alla Ripresa del Primo Tema (battuta 154)

Segue il Secondo Tema, ma questa volta in MImaggiore (battuta 178) e il gruppo delle cadenze (battute 201-224), nella stessa tonalità che non verrà più abbandonata fino al termine del pezzo. Il Gruppo delle Cadenze nelle prime 3 Frasi è strutturato come nella Prima Parte, le ultime due Codette vengono tagliate.

Il crescendo rossiniano associato a questa struttura stavolta non viene interrotto bruscamente, ma sfocia direttamente nella grande Coda finale, contrassegnata, alla battuta 225 da una nuova indicazione agogica: Più mosso.

La Coda è formata da due Frasi: la prima ternaria (battute 225-238) e ripetuta,

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la seconda binaria (dalla battuta 251 alla fine).

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Gioacchino Rossini (1792-1868): Sinfonia da Il Barbiere di Siviglia Rossini – Sinfonia da Il barbiere di Siviglia – C.Orbelian – Moscow Chamber Orchestra

 Carlo Deri, 2004

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Il testo della presente analisi – qui riportato con il gentile permesso dell’Editore – è stato pubblicato in
Renzo Cresti: Ipertesto di Storia della Musica, Edizioni Feeria, San Leolino, Panzano in Chianti, 2004 e in
Renzo Cresti: La Vita della Musica, Edizioni Feeria, San Leolino, Panzano in Chianti, 2008

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